Categoria: comunicati stampa

  • Sandra Mazzinghi finalista al Premio Letterario Internazionale Città di Latina con “Danzare nel vuoto”, un romanzo che emoziona e fa riflettere sul fenomeno dei “figli sostitutivi”

    La giornalista e scrittrice livornese Sandra Mazzinghi continua a far parlare di sé e della propria opera “Danzare nel vuoto” (Editore Scatole Parlanti, Collana Voci) arrivando finalista al Premio Letterario Internazionale Città di Latina che ha visto la partecipazione di oltre 1.100 opere in concorso.

    Il romanzo, con la prefazione della Professoressa Ines Testoni, ordinaria dell’Università di Padova, dove è anche direttrice del Master in Death Studies & The End of Life, e scienziata conosciuta a livello internazionale, è ispirato a una storia vera.

    Alba è una donna di mezza età che lavora da sempre come ufficiale di Stato Civile del Comune di Villa Fiorensa, una cittadina sulla costa in cui ha trascorso tutta la vita. Da tempo asseconda la tristezza che le hanno portato il fallimento del suo matrimonio e la partenza dei figli ormai grandi verso luoghi lontani, e cerca di combatterla dedicandosi con passione al proprio lavoro, alla ricerca che ormai da anni svolge con interesse scrupoloso per scovare in mezzo ai registri alcuni atti di nascita particolari, che nascondono la nascita di “figli sostitutivi”, bambini venuti al mondo spesso con lo stesso nome di un fratello scomparso prematuramente, un “bambino trasparente” i cui genitori non sono riusciti a rassegnarsi al lutto.

    Giovanni, invece, è un uomo affascinante ma introverso, che vive e lavora a Firenze e si imbatte per caso in Alba, incaricata di reperire il suo atto di nascita per consentirgli di sbrigare una pratica burocratica.

    Un viaggio, un racconto che esplora temi universali come la famiglia, il dolore e la perdita, ma anche la ricerca di sé. Entrambi i protagonisti, grazie al loro incontro, intraprendono un percorso di crescita personale e di consapevolezza che li porta a rileggere il passato e a ridefinire la loro esistenza.

    “La scintilla che mi ha portato a raccontare dei figli sostitutivi è stata durante lo svolgere del mio lavoro. Sono funzionario responsabile degli atti di nascita del Comune di Livorno, mi sono capitati moltissimi bambini con lo stesso nome del fratellino morto, a volte addirittura nati lo stesso giorno.

    Mi ha incuriosito molto questo fenomeno e ho cominciato a studiarlo e a documentarmi in merito – ha spiegato l’autrice.

    I figli sostitutivi sono quei bambini che vengono concepiti per colmare un vuoto, compensare la perdita di un altro bambino e portano spesso anche lo stesso nome del figlio che non c’è più. Un fenomeno che è stato studiato, a livello scientifico, prima negli Stati Uniti, in particolare a Boston, a partire dagli anni Sessanta, e poi anche in Italia.

    Il bambino sostitutivo porta il peso di aspettative e di una sorta di idealizzazione che non riesce a prescindere dal confronto con il fratellino perduto. Ma si parla di figli sostituivi anche in caso di nascite a seguito di un aborto spontaneo o volontario, di un gemello sopravvissuto e persino di figli adottati. Una situazione che trascina con sé ripercussioni dal punto di vista clinico, una zavorra di ansia, difficoltà relazionali, senso di colpa… con cui ad un certo punto diventa necessario fare i conti”.

    Tra ‘figli sostitutivi’ ce ne sono alcuni famosi: Salvador Dalì e Vincent Van Gogh. Storie di esistenze affascinanti, spesso tragiche a seconda di come viene elaborato il lutto dai genitori, che questo romanzo ha il coraggio di affrontare trattando il più terribile evento che può accadere in una famiglia. Come si vive sapendo di essere, forse, solo il riflesso di un sogno interrotto?

    Dati tecnici:

    Titolo: Danzare nel vuoto

    Autore: Sandra Mazzinghi

    Prefazione: Ines Testoni

    Editore: Scatole Parlanti

    Collana: Voci

    Pubblicazione: 2025

    Prezzo di copertina: 15,00 Euro

    Lunghezza stampa: 102 pagine

    ISBN-10: 8832818566

    ISBN-13: 978-8832818567

    Biografia autrice:

    Sandra Mazzinghi è giornalista e scrittrice livornese, laureata in Pedagogia all’Università di Firenze e iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti. Dopo una lunga formazione nel campo della scrittura, del teatro e della comunicazione, ha pubblicato i romanzi L’orizzonte rubato (MDS Editore, vincitore di numerosi premi tra i quali anche l’Oscar Livornese alla Cultura 2014) e Ancora ieri (MDS Editore, finalista al Premio Salvatore Quasimodo), oltre alla raccolta di racconti Dire tutto (Edizioni del Boccale, 2019).
    Sue opere brevi sono apparse in diverse antologie edite da Perrone, MDS e Miraggi. Attiva nel panorama culturale toscano, ha curato presentazioni di libri, eventi e cataloghi fotografici per la TST Art Gallery di Livorno.

  • Un’eredità culturale che diventa recinto: il nuovo singolo di IBLA parte dalle spose bambine

    Una ragazza di sedici anni, promessa a un uomo che non ha scelto, il destino già scritto da altri, il silenzio come unica lingua concessa. Non è una scena d’archivio etnografico, è un’immagine antica che torna a bussare, ruvida come la pietra, alle porte della contemporaneità. Ed è il punto di partenza di “Rituale”, il nuovo singolo di IBLA prodotto da James & Kleeve e Salvo Scibetta per The Orchard.

    Nata ad Agrigento, IBLA – al secolo Claudia Iacono – negli ultimi dieci anni ha portato la voce coraggiosa, politica, primigenia di Rosa Balistreri sui palchi italiani ed europei, dai teatri siciliani alle collaborazioni con Treccani e alla notorietà raggiunta con la partecipazione ad Amici nel 2021. Oggi depone il ruolo di tramite per diventare origine: non più solo custode e interprete, ma autrice del proprio lessico musicale, di un racconto popolare riscritto in voce presente, dove il folklore del futuro non è un’idea ma una lingua in formazione. La continuità viene riformulata, stratificata per essere tramandata in un altro codice, attraverso un passaggio di consegne che avviene per trasformazione anziché per replica.

    Per secoli, in Sicilia come in altre ampie zone del Mediterraneo, il matrimonio era alleanza tra famiglie, non unione tra partner che condividono lo stesso sentimento reciproco: un patto economico, sociale, territoriale, siglato spesso sul corpo delle figlie. Oggi la geografia cambia ma lo schema permane: secondo UNICEF, nel mondo sono più di 640 milioni le donne che vivono le conseguenze di matrimoni contratti prima dei 18 anni — un fenomeno che, soprattutto in vaste aree dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia meridionale, è ancora legato a decisioni familiari, pressioni comunitarie, accordi economici, codici d’onore, tradizioni vincolanti. Non è una linea di demarcazione tra epoche, ma un filo ininterrotto di consuetudini che si aggiornano, si travestono, si spostano e raramente scompaiono.

    IBLA non ha mai considerato il passato come una teca, ma come linfa, radice, forza germinativa. Un crocevia di logiche ancestrali, un sistema di lettura del mondo retto da soglie porose tra visibile e invisibile. In “Rituale”, questo principio all’apparenza astratto, prende forma e diventa materia udibile, spazio in cui irrompe l’eco di un rito di magia popolare siciliana, quello praticato un tempo dalle magare dell’entroterra per intrecciare due destini, attraverso invocazioni sussurrate e formule d’amore tramandate. È un frammento del pensiero che considerava il mondo un’unica trama, dove il sacro convive col pane quotidiano, e il canto, il sortilegio e la sopravvivenza abitano la stessa frase.

    La vicenda della sposa bambina apre alla domanda cardine del brano:

    quanto delle scelte che chiamiamo nostre nasce davvero da noi?

    È qui che il pezzo dilata i confini dell’episodio storico e si sposta sul terreno della condizione, dell’eredità invisibile di imposizioni, aspettative, ruoli; retaggi culturali ricevuti come destino, assorbiti come consuetudini e mai davvero interrogati.

    IBLA scardina il punto in cui la tradizione smette di essere fondamento e diventa recinto, in cui l’appartenenza si converte in prescrizione, in cui l’identità somiglia più a un perimetro assegnato che a un territorio scelto. “Rituale” mette allo scoperto il momento in cui una donna riconosce il copione, lo sfila dalle mani altrui e si domanda, per la prima volta, se la propria vita stia procedendo per voce propria o per volontà altrui. Un cambio di asse dove l’adesione automatica si incrina, i modelli assorbiti senza verifica cominciano a cedere, l’obbedienza culturale smette di essere un riflesso e diventa finalmente visibile. Perché i cambiamenti iniziano così: con una crepa microscopica nel copione, con un pensiero che non rientra nei ranghi, con una domanda che continua a presentarsi finché il muro non si accorge di esistere.

    Il suono fa lo stesso lavoro del testo: mescola, disobbedisce, fonde. Tamburi arcaici, tonalità folkloriche e invocazioni cerimoniali isolano e convivono con bassi elettronici, texture digitali, tagli ritmici di matrice urban. A grattare il perimetro del genere, ci sono il canto tellurico di IBLA e una drammaturgia vocale che porta la lingua del rito fuori dal suo uso originario, la prende in prestito e la reinventa altrove.

    «Ho scritto “Rituale” per capire dove iniziavo io e dove finivano le voci degli altri – spiega IBLA -. Le scelte ereditate, le regole respirate come aria, le gabbie scambiate per destino: questo brano è il punto in cui ho detto basta. La libertà non si aspetta, si prende. E inizia quando smettiamo di confondere la nostra voce con l’eco delle istruzioni altrui.»

    Nel momento in cui un idioma nato per legare, assegnare, vincolare, viene sottratto al suo scopo originario e riadoperato per nominare un’altra possibilità, cambia funzione. Anziché venir rievocato come cifra identitaria, viene ripreso come alfabeto: un vocabolario di simboli, sonorità e formule che IBLA sposta dal terreno del destino scritto a quello della presa di parola. Un metodo antico di leggere il mondo che torna, riposizionato, a dire altro.

    Il percorso di IBLA, in questo senso, non riguarda un’emancipazione privata che si auto-assolve, ma la riapertura di un luogo emblematico in cui le storie individuali e i codici culturali si toccano, si riconoscono, si scambiano di proprietà. Il rito non appartiene più al passato che dirige, ma al presente che interroga. La magia, la ripetizione, la formula non sono reliquie, ma diventano strumenti di riappropriazione del sé, reagenti di coscienza, sintassi di una sintonia nuova tra corpo, voce e decisione.

    Il videoclip ufficiale che accompagna il singolo – diretto da Andrea Vanadia, con la fotografia di André Tedesco e il montaggio di Eleonora Cassaro -, evita l’iconografia folklorica edulcorata per sovrapporre corpi, terra, simboli ed elementi liturgici del Sud, come in un vero e proprio processo di svelamento in cui il rito filmato non rappresenta nulla, ma semplicemente accade.

    “Rituale” si inserisce nel progetto creativo più ampio in cui IBLA sta componendo un folk contemporaneo indisciplinato, una linea che collega tradizione orale, urban, elettronica, ritualità mediterranea e performance. Una forma espressiva che non mira al restauro, ma trasforma le rovine in nuovi orizzonti di possibilità.
    E mentre il tamburo batte, la voce prende corpo. Il resto, ancora, si deve compiere.

  • Uscita “Febronia è passata di qui”, la nuova opera di Francesco Saporito. Un inno alla vita scritto da un uomo malato di SLA che comunica attraverso i movimenti degli occhi

    Lo scrittore Francesco Saporito è tornato in libreria dal 7 novembre con “Febronia è passata di qui”, pubblicata dalla casa editrice siciliana Apalós fondata a Siracusa nel 2023.

    L’opera è un affresco emotivo e vivido della vita in una Sicilia che “ti appiccica addosso come l’unico ringhiotto”. La narrazione si sviluppa attorno al protagonista e al suo ambiente, popolato da personaggi indimenticabili. Tra questi spicca Febronia, la vicina di casa la cui morte in giovane età affligge l’autore, e la cui memoria dà il titolo all’opera.

    «Con l’uscita di “Febronia è passata di qui”, Apalós è orgogliosa di presentare non solo un libro, ma un vero atto di resilienza e amore per la vita – hanno spiegato gli editori Silvio Aparo e Rossella Rapisarda.

    L’autore, Francesco Saporito, ci dimostra che la vera voce è quella dell’anima, narrando una storia autobiografica gioiosa, arguta e profondamente poetica, comunicando con la forza inarrestabile dei suoi occhi.

    Questo non è un racconto sulla malattia, ma un’esplorazione intensa dell’animo siciliano, un affresco di vita di paese tra ricordi d’infanzia, figure indimenticabili come Tano e riflessioni che, con gentilezza e ironia, toccano il senso dell’esistenza.

    Dalla penna (o meglio, dallo sguardo) di Saporito, introdotto dalla magnifica prefazione di Simonetta Agnello Hornby, emerge un messaggio di speranza universale: anche di fronte alle prove più dure, la memoria, la fede e l’accettazione possono illuminare la nostra percezione del mondo.

    “Febronia è passata di qui” è una freccia nel cuore del tempo che Apalós, in quanto editore siciliano, è onorata di portare in tutte le librerie italiane. Un libro che resta dentro, toccando corde profonde e lasciando al lettore una preziosa eredità di serenità e autenticità.»

    Il racconto è intriso di dettagli tipici della cultura siciliana, dai sapori (come il “salmoriglio d’estate e le melanzane a pagoda”) alle scene quotidiane, come la signora del terzo piano che ogni martedì dopo Pasqua lega le carte luccicanti delle uova alla ringhiera del balcone.

    L’opera spazia tra ricordi giovanili, esami di maturità e profonde riflessioni sull’esistenza, la morte e l’attesa, con richiami a figure chiave della letteratura e del pensiero come Gramsci, Dante, e Leopardi.

    Un romanzo di formazione e di memoria, dove il passato e i suoi fantasmi sono presenti in ogni angolo. Una storia che sa di infanzia, di sudore, di lutto, di resistenza.

    Dati tecnici:

    Autore: Francesco Saporito

    Editore: Apalòs

    Collana: Biblioteca Apalós

    Anno edizione: 2025

    In commercio dal: 07 novembre 2025

    Pagine: 200 p., Brossura

    EAN: 9791281976139

    Profilo casa editrice:

    ἁπαλός (apalós) è la Casa Editrice più a sud d’Europa, nata nel 2023, a Siracusa, “ultimo avamposto dell’impero” e pone al centro del suo progetto culturale la “gravità”, intesa come importanza, profondità e qualità dell’offerta culturale. La pubblicazione di pochi titoli l’anno, scrupolosamente selezionati, di voci per lo più affermate, di autori anticonformisti, originali e persino inattuali e un catalogo pensato come un solo grande corpo, fatto di episodi disturbanti, irripetibili ed eterodossi, la allontanano dal facile impegno, dall’appiattimento, dall’omologazione e dalla banalità postmodernista.

  • “L’amore da ubriachi” è il nuovo singolo di Levi

    Dal 28 novembre 2025 sarà disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica “L’amore da ubriachi”, il nuovo singolo di Levi.

     

     

    “L’amore da ubriachi” è un brano che racconta i frammenti di una storia d’amore intensa, ma incapace di durare nel tempo. I due protagonisti rivivono i ricordi più intensi — i risvegli insieme, i sogni di una casa e di una vita condivisa — di due adolescenti che non riescono ad amarsi, creando un sentimento tossico che logora e fa male. Nonostante il dolore, resta quella scia di passione che riporta i due a cercarsi ancora, come anime ubriache che si rifugiano l’una nell’altra per un istante, pur sapendo che al mattino tutto svanirà. Il loro amore non vive più di parole o sogni, ma di un istante, come due ubriachi che si abbracciano senza pensare, consapevoli che tutto verrà dimenticato.

     

    Commenta l’artista a proposito del brano: “Il nuovo singolo segna un punto di svolta e si presenta come il manifesto perfetto del nuovo Levi. Ogni suono, ogni parola e ogni emozione rispecchiano in pieno la mia rinascita artistica: autentica, istintiva e senza compromessi. “L’amore da ubriachi” è il primo passo di un percorso che definisco la mia nuova identità, un progetto che racconta chi è davvero Levi, dentro e fuori dal palco, libero da ogni etichetta.”

    Il videoclip di “L’amore da ubriachi” è un intenso viaggio che racconta la storia di Chiara e Lorenzo, una giovane coppia alle prese con l’amore tossico che vive un ciclo di sana follia, sogni intensi e inevitabili litigi.

    Il racconto si sviluppa come un abbraccio fugace: i due si cercano e si stringono solo per un istante, come due ubriachi, consapevoli che quei momenti di passione e vicinanza non saranno ricordati una volta svegli. Il video celebra l’intensità di un sentimento incapace di durare nel tempo, ma destinato a ripetersi, vivendo solo nell’attimo.

    Guarda il videoclip su YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=TtIFVCvXYio

     

     

    Biografia

    LEVI (all’anagrafe Erry) è un artista che ha trasformato un cognome, un tempo fonte di insicurezza, nella sua firma musicale. Fin da bambino ha un legame viscerale con il palcoscenico, dove inventava spettacoli per i nonni. Non amando il calcio, si sentiva spesso isolato e ha dovuto nascondere la sua passione per l’arte ai genitori, per i quali vivere di musica era un tabù. Oggi, pur frequentando l’università (ultimo anno di Odontoiatria), vive l’arte come una costante battaglia che lo esalta e lo lascia a terra, ma di cui non può fare a meno.

    A 16 anni inizia a cantare non solo per passione. Studia il pianoforte pop e frequenta l’Accademia VMS a Milano. Musicalmente, Levi è cresciuto tra i Bee Gees e le sonorità di Franco Battiato. Inizialmente scriveva su basi dance e pop con “cassa dritta”, ma nel suo ultimo progetto si immerge in ballad che gli permettono di esprimere appieno la sua personalità. Nelle sue playlist non mancano artisti di ispirazione come Bruno Mars (“Grenade”), Maroon 5 (“This Love”) e Rihanna (“We found love”).

    Da un anno, Levi sta lavorando intensamente a un progetto che definirà la sua identità artistica. È seguito dal manager Giancleofe Puddu con un team di lavoro che include Roberto Vernetti e Martina Lusetti, per far emergere il suo personaggio a 360 gradi.

    Attraverso la musica, Levi riesce a esprimere pienamente la sua verità, le emozioni vere e la sua storia. È sul palcoscenico che va oltre gli schemi e gli stereotipi impostigli dalla società e dalla famiglia, permettendosi di essere sé stesso al 100%, senza filtri. La sua musica, seguita da un target 18-30 anni, trasmette energia e gioia di vivere nei suoi live, spaziando tra cover internazionali e i suoi inediti. Levi vuole essere riconosciuto per la sua autenticità e unicità.

    “L’amore da ubriachi” è il nuovo singolo di LEVI disponibile sulle piattaforme digitali di streaming e in rotazione radiofonica dal 28 novembre 2025.

     

     

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  • Alessandro Napolitano Confluence Trio – Beyond Borders Da lunedì 1° dicembre 2025, disponibile questo nuovo disco in digitale e in formato fisico


    Pubblicato dall’etichetta Soundiva in collaborazione con Laboratori d’Arte (Società Cooperativa), realizzato con il contributo di IMAIE (Bando Nuove Produzioni Discografiche 2024/2025) e disponibile su tutte le piattaforme digitali e in copia fisica da lunedì 1 dicembreBeyond Borders è il nuovo capitolo discografico firmato Alessandro Napolitano Confluence Trio, brillante formazione costituita da Bill O’Connell (pianoforte), Dany Noel (basso, voce in Besame MuchoChan ChanDespertarMentality Disease e Sullelgada) e Alessandro Napolitano (batteria).
    Il disco, che vede la presenza di due eccellenze mondiali del jazz come il pianista statunitense Bill O’Connell e il bassista cubano Dany Noel, consta di dieci brani: Alpha Alpha e Sitting Bull autografati da O’Connell, ConfluenceDespertar e Sullelgada firmati da Noel, Mentality Disease e la bonus track My Voice scritti da Napolitano, mentre Besame Mucho (Consuelo Velázquez), Chan Chan (Buena Vista Social Club) e Summertime (DuBose Heyward – Ira Gershwin – George Gershwin) completano la tracklist.
    “Beyond Borders” è un album in cui l’eclettismo stilistico di Alessandro Napolitano e del suo trio emerge in modo preponderante: jazz, afro-cuban jazz, funk e latin jazz brasiliano sono gli stili che caratterizzano il disco. Un lavoro in cui proprio la diversità stilistica rappresenta il tratto distintivo, spesso e volentieri anche all’interno delle stesse composizioni. Inoltre, un sapiente e costante utilizzo delle metriche dispari, della polimetria e della poliritmia impreziosisce ulteriormente un CD che brilla per straordinaria padronanza strumentale del trio, intensa energia comunicativa e notevole creatività soprattutto dal punto di vista armonico, ritmico e improvvisativo.
    Alessandro Napolitano racconta la genesi e descrive le peculiarità di questa sua creatura discografica: «Beyond Borders nasce dal desiderio di superare i confini musicali e culturali. Insieme a Bill O’Connell e Dany Noel abbiamo cercato un linguaggio comune, un punto di incontro tra le nostre esperienze: il jazz americano, la tradizione latina e la sensibilità mediterranea. Il disco è stato registrato a Bari, dopo una serie di concerti in diverse città italiane, e rappresenta la sintesi naturale di quel viaggio umano e musicale. È un progetto che racconta la libertà dell’interplay, l’ascolto reciproco e il piacere di creare qualcosa di autentico, senza barriere».
  • Origami è il nuovo singolo di Tato

    Dal 14 novembre sarà disponibile sulle piattaforme digitali di streaming Origami, il nuovo singolo di Tato (Matilde Dischi).

    “Origami” è una ballata piano e voce dalle sonorità intime, che mette in musica la fragilità umana. Il brano affronta temi profondi come le insicurezze personali e la ricerca della forza necessaria per non soccombere ad esse. In una quotidianità spesso dominata da sentimenti negativi come odio, tristezza e mancanza di condivisione, la canzone sottolinea l’importanza salvifica dei piccoli gesti.

    È un invito delicato a cambiare prospettiva: immaginare i ricordi con un’altra chiave di lettura, imparando dal passato invece di permettere che i ricordi si trasformino nei nostri “veri mostri”.

    Commenta l’artista a proposito del brano: “Il coraggio possa far sì che i raggi del sole filtrino negli spazi più bui, che il prisma restituisca sempre l’arcobaleno, che i fogli ricchi di incertezze diventino origami dalle mille bellezze.”

    Il Visual Video che accompagna l’uscita, caratterizzato dal bianco e nero, cattura perfettamente la malinconia e l’inquietudine del pezzo, con il pianoforte che guida l’ascoltatore per l’intera durata del brano.

    Guarda il video su YouTube

    Biografia

    Luigi Spagnuolo, in arte Tato, è nato nel 2004 e fa musica da tutta la vita. Da bambino ha preso lezioni di pianoforte e ha cantato nel coro della sua città, Avellino, fino agli anni dell’adolescenza, partecipando a spettacoli televisivi ed eventi di interesse pubblico. Da circa 4 anni studia canto solistico e scrive brani su tematiche personali e sociali. Nel 2023 si è trasferito a Roma per studiare all’università ed ampliare la sua formazione in ambito musicale.

    Origami è il nuovo singolo di Tato disponibile dal 14 novembre sulle piattaforme digitali di streaming.

     

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  • “Miracoli, Catrame” l’album d’esordio di Mormile

    Dal 28 novembre 2025 sarà disponibile in formato vinile e sulle piattaforme digitali di streaming “Miracoli, Catrame”, il primo album di Mormile per l’etichetta FDAM distribuito Altafonte.

    “MIRACOLI, CATRAME” è un disco che riflette il mondo Interiore di Mormile, un progetto che raccoglie brani già noti come “UN PO’ RETRÒ”, “FRIED CHICKEN” e “COMICHE ANNATE COSMICHE”, insieme a nuove scritture che condividono tematiche e sound precisi. Il disco è un viaggio attraverso il rapporto con sé stessi come filtro di visione del mondo esterno, esplorando immagini, simbolismi e personaggi che riflettono l’autore.

    I nove brani che compongono il disco sono caratterizzati da un sound vivido e colorato, che varia dal funk all’elettronica, creando un linguaggio sonoro personale e coerente. Ogni canzone porta con sé elementi che tengono unite tutte le tracce del disco, formando un’opera omogenea e riconoscibile.

    Commenta l’artista sull’album: “MIRACOLI, CATRAME è il mio primo disco e come tale ci tenevo all’idea che potesse mettere insieme dei tasselli di un racconto che ho provato a portare avanti in questi anni. Il disco contiene infatti dei brani che ho scritto molto tempo fa, che ho poi affiancato a scritture più recenti che potessero completare in maniera calzante questo puzzle, a scapito di altre canzoni che ho scartato perché non ritenevo affini all’integrità di questo lavoro. Questo disco è anche un vero punto di incontro tra diverse mie anime: quella più pop e melodica, quella più devota al sound e al groove e quella più cantautoriale. Il tema centrale attorno a cui si muove il disco è il rapporto con me stesso, che diventa filtro del racconto e della percezione del mondo esterno, assumendo sfumature intense ma a tratti anche ironiche e surrealiste. Il tutto parte dal metaforico incontro con lo specchio che diventa di fatto un elemento centrale in questo racconto, che infatti troviamo anche in copertina. Miracoli e Catrame sono appunto le cose che bilanciano questa visione di me stesso. Rappresentano la più pura ambizione e il più mortificante squallore che coesistono in me stesso. Sono molto soddisfatto di aver trovato un’identità artistica e sonora riconoscibile attraverso il lavoro su questo disco, avvalorata dalla presenza di musicisti di spessore che hanno contribuito alla realizzazione dello stesso.”

    TRACK-LIST

    1. FILTRO
    2. IN ABITO DA SERA
    3. UN PO’ RETRÒ
    4. LTMTV(2025)
    5. MOQUETTE BLU
    6. FRIED CHICKEN
    7. MARÌ (poltrona in pelle verde)
    8. COMICHE ANNATE COSMICHE
    9. MIRACOLI, CATRAME

    Il progetto “MORMILE” è supportato da un team di professionisti esperti. I musicisti che collaborano stabilmente con MORMILE sono: Pasquale Storace (basso) e Davide Capolongo, che fungono anche da co-produttori dei suoi brani.

    La band che accompagna MORMILE nei live è composta da: Pasquale Storace (basso),  Cristiano del Gaudio (batteria), Daniele Coppola (tastiere), Gaetano Fusco (piano e tastiere).

    Per l’aspetto visuale, il team è composto da: Vincenzo Pezone, regista e videomaker, e Vallefuoco, fotografo e visual manager.

    La gestione discografica è affidata a Fabio dell’Aversana.

    Biografia

    Paolo Mormile, nato a Napoli, scopre la sua passione per la musica e le canzoni da piccolissimo. Scrive i suoi primi testi all’età di 16 anni e inizia a suonare la chitarra per accompagnarsi e arrangiare i primi brani. In arte “MORMILE”, si pone come portavoce di un pop d’autore, influenzato da sonorità funk e non solo.

    Innamorato dei ’60, ’70 e del futuro, ama sperimentare e intrecciare generi e suoni, filtrando la verità con l’astrazione. Dopo diverse esperienze musicali, tra cui essere stato parte di un coro gospel e fondatore della band “LEITMOTIV”, intraprende il percorso da solista nel 2021 con “SANGUEVIVO”, un brano in collaborazione con “Barr3tt”.

    Successivamente, pubblica i singoli “SCHIAFFI SONANTI”, “UN PO’ RETRO’”, “COMICHE ANNATE COSMICHE” e “FRIED CHICKEN”, che segnano una sua nuova cifra stilistica con un sound ispirato dal funk anni ’70, ma con elementi che ci ricordano che siamo negli anni ’20. Questi brani faranno parte del suo primo Album/EP, insieme alla sua ultima pubblicazione: “MARì (poltrona in pelle verde)”.

    Le sue canzoni nascono con un approccio pop, ma al contempo raffinato e sperimentale, mescolando sonorità vintage e contemporanee in modo ambizioso e artigianale. La sensibilità per le melodie pop con uno stile sonoro sempre in cerca di evoluzione è la stella polare delle sue composizioni, insieme ad una scrittura che punta ad essere autentica e innovativa.

    Tra le sue esperienze musicali, sono da citare la partecipazione al MEI, l’opening de “i Segreti” per “Bellissimo Tour nazionale”, la partecipazione a “Comportamenti Emergenti” Festival e il concerto @Civico103 art gallery.

    MORMILE ama camminare sul confine della contraddizione e il suo obiettivo è parlare un linguaggio potenzialmente trasversale, restituendo al pop uno spessore sociale e di ricerca sonora.

    Anticipato dal singolo “Moquette blu”, “Miracoli, Catrame” è l’album d’esordio di Mormile disponibile in formato vinile e sulle piattaforme digitali di streaming dal 28 novembre 2025.

     

     

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  • Atom Lux presentano l’album di debutto Voidgaze Dopamine Salad… un intreccio tra psych rock, alternative, garage, soft stoner e prog-pop

    Atom Lux presentano l’album di debutto Voidgaze Dopamine Salad… un intreccio alla velocità della luce tra  psych rock, alternative, garage, soft stoner e prog-pop

     

    ASCOLTA IL DISCO

    https://open.spotify.com/intl-it/album/64Y8KzprtJzLOStLQP7kCS?si=0ho9aKmaQLS0htE_uacqig

    Voidgaze Dopamine Salad, primo lavoro discografico di Atom Lux (in parte Lucio Filizola), si colloca, in modo volutamente instabile, a cavallo tra psych rock, alternative, garage, soft-stoner e prog-pop, attingendo da universi differenti, e generando un multiverso dai colori ipersaturi, tenuto insieme da un collante di sana matrice rock. I dieci brani, pervasi da tematiche surreali, fanta-catastrofiche, allucinogene, e a tratti grottesche, si reggono su un’impalcatura fatta di chitarre taglienti e riffose, synth frastagliati, voci sature e una sezione ritmica pulsante e dinamica, il tutto innaffiato da shot di delirio psichedelico.

    Non è un concept album, ma il filo conduttore, anche se non tematico, esiste e ha le sembianze di un’insalata di dopamina servita su un piatto fatto di lunghi sguardi nel vuoto.

    Voidgaze Dopamine Salad è un mosaico immaginifico, un cocktail caleidoscopico dal retrogusto rock’n’roll, a base di scimmie allucinate, fiumi di lava, universi frattali, singolarità cosmiche letali, conigli inebrianti, serpenti doppiogiochisti, danzatori isterici e molto altro.

    Atom Lux – Breve Bio

    Atom Lux (in parte Lucio Filizola), polistrumentista, autore e cantante cilentano, trapiantato a Roma, si avvicina alla musica da piccolo mettendo le mani sul pianoforte e poi sul clarinetto, ma ci mette poco a dimenticarsi di questi strumenti quando ascolta per la prima volta i classici del rock. Il passaggio alla chitarra innesca un’esplorazione famelica degli sconfinati territori del rock. Divora e scrive musica, suonando in diverse formazioni, arrivando a sguazzare nelle acque agitate del prog rock, con i Möbius Project, con cui incide un disco nel 2014, dal titolo Ra Me Nivar.

    Dopo una pausa di alcuni anni, a seguito dello scioglimento dei Möbius, nel 2019 riprende a comporre musica, addentrandosi in dimensioni dal sapore psichedelico e alternative, ma senza alcun dettame o vincolo di genere. Nel 2022 intraprende il progetto solista Atom Lux, con base a Roma, producendo musica nello studio casalingo.

    Nel dicembre del 2024 il progetto Atom Lux diventa full band e si attiva dal vivo, contando 5 elementi. Nell’ottobre del 2025 pubblica il suo primo lavoro discografico, dal nome Voidgaze Dopamine Salad.

  • Giuseppe Cucè presenta il nuovo disco “21 Grammi” nelle radio universitarie italiane

    Giuseppe Cucè presenta il suo nuovo album “21 GRAMMI” (TRP Vibes / Track Records Productions) nelle radio delle Università italiane da lunedì 1 a venerdì 5 dicembre 2025. Sarà un tour live-acustico in diretta (l’UniWeb Tour è una esclusiva di Red&Blue Srl) attraverso il quale il cantautore accompagnato dal chitarrista Edoardo Musumeci porterà e racconterà il suo nuovo lavoro discografico già disponibile su tutte le piattaforme digitali e in vinile.

     

    Il viaggio partirà lunedì 1° dicembre da Catanzaro, con la diretta dagli studi di UMG Web Radio, per poi proseguire il giorno seguente in Puglia, tra il Politecnico di Bari ospite di Frequenza Libera, e l’Università di Foggia negli studi di Web Radio Unifg.

    Mercoledì sarà dedicato alla Campania, con una doppia tappa a Napoli: prima all’Università Suor Orsola Benincasa negli studi di Run Radio, poi alla Federico II presso F2 Radio Lab, per poi spostarsi verso Roma per l’appuntamento con Radio Sapienza.

    Il tour proseguirà giovedì in direzione del centro Italia, toccando gli studi di RadioFrequenza a Teramo, quelli di Radiophonica a Perugia, fino ad arrivare a Urbino ospite di Radio URCa.

    La chiusura, venerdì 5 dicembre, sarà affidata al nord, con tre ultime tappe: Verona negli studi di Fuori Aula Network, Parma a RadiorEvolution, e infine Milano negli studi di Radio Statale.

    “21 GRAMMI” è un album che esplora il significato del passaggio umano sulla Terra, partendo dal simbolico peso dell’anima, rappresentato dai 21 grammi. È un lavoro che indaga l’invisibile e il misterioso, riflettendo sulle tracce che lasciamo e su quelle che ci attraversano durante la nostra esistenza. Con suoni veri ed essenziali, e atmosfere che oscillano tra luce e ombra, l’album invita l’ascoltatore a intraprendere un viaggio interiore, senza dare risposte definitive, ma sollevando domande sulla natura delle emozioni e dell’esperienza umana. Ogni canzone è un passo in questo cammino di ricerca, che accoglie sia la fragilità che la forza dell’animo umano. Il lavoro discografico si propone come un gesto di cura e di sincerità, un atto poetico che, pur nella sua leggerezza, lascia un’impronta profonda e duratura.

    Spiega l’artista a proposito della nuova release: “È un disco che parla di assenze, ma che vibra di presenza. Che racconta la bellezza delle cose destinate a svanire, ma che proprio per questo brillano di senso.”

    “21 GRAMMI” TRACKLIST:

    LATO A:                               

    1.È tutto così vero

    2.Ventuno

    3.Dimmi cosa vuoi

    4.Fragile equilibrio

    5.La mia dea        

    LATO B:   

    6.Cuore d’inverno

    7.Tutto quello che vuoi

    8.Una notte infinita

    9.Di estate non si muore

     

    Biografia

    Animato da un progetto, che racchiude l’esperienza maturata in tanti anni di studio e approfondimento del proprio sentire, filtrando il mondo intorno a sé, rivisitando i canti del sud del mondo, che racchiude

    soprattutto la composizione di canzoni inedite imbevute di tradizione e passione, Giuseppe Cucè nasce a Catania l’8 settembre del 1972 e fin da piccolo coltiva il sogno della scrittura ma soprattutto della musica.

    Inizia il proprio percorso dipingendo i propri pensieri su tela, per poi successivamente farsi catturare dalla danza contemporanea, fino a confrontarsi con diverse identità esistenti nel proprio essere e capire la propria strada incanalando le proprie energie verso la scrittura e la composizione.

    Durante la sua carriera ha collaborato con diversi musicisti tra i più fedeli il produttore artistico Riccardo Samperi.

    Nel 2008 inizia a collaborare con la TRP Music di Riccardo Samperi, ed è da questa collaborazione che nasce il CD La Mela e il Serpente, un album che sarà espressione assoluta dell’anima Saudade dell’artista.

    L’album viene anche pubblicato dalla EDINA MUSIC, etichetta Parigina fondata da Yvon Chateigner. Il tour di presentazione dell’album ha dato al cantautore catanese la possibilità di esibirsi nei più importanti teatri Parigini (Le Trianon, L’Alhambra, Le Petit Saint Martin).

    Sempre dalla collaborazione con il produttore Riccardo Samperi e dopo un lungo periodo di scrittura e maturazione di nuovi brani, coadiuvato anche dall’apporto artistico dell’amico musicista Fabio Abate, nasce un nuovo progetto musicale che ha già visto nel 2022 la pubblicazione di due singoli, “Di estate non si muore” e “La mia Dea”, e nel 2023 e 2024  “Dimmi cosa vuoi”, “Fragile equilibrio”, “Ventuno”,  “Tutto quello che vuoi”, “Cuore d’inverno” e “È tutto così vero” estratti dal nuovo disco “21 grammi”,  uscito il 20 giugno  2025 per TRP Vibes. L’album sta ottenendo un’eco crescente nella stampa estera, con oltre 60 recensioni internazionali pubblicate tra USA, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Messico, Brasile, Canada e altri Paesi. Un risultato che sta ampliando l’attenzione verso il progetto anche al di fuori dell’Italia, generando nuove rotazioni, interviste e inserimenti editoriali.

    Tra le più rilevanti si distinguono quelle di testate come The Gatekeeper Space (USA), che lo definisce “un album che bypassa la lingua e si installa sotto le costole. Cinematico, vulnerabile, devastante nella sua sincerità”; AlteMagazine (USA), che scrive “21 grammi isn’t just a concept, it’s the gravity of human experience”; YellowBlackMusic (Spagna), che lo descrive come “caldo, emotivo e onesto: un album da ascoltare quando si vuole sentire davvero qualcosa”; RiptideMag (Francia), che lo racconta come “un’opera che pesa come l’anima che descrive” e IndieBoulevard (International), che lo definisce “un viaggio che misura l’imponderabile”.

    Parallelamente all’album, il cantautore ha pubblicato il singolo in lingua spagnola “El mundo es verdadero” (feat. Pandi), adattamento latino di “È tutto così vero”, che sta ottenendo un notevole riscontro in Spagna e America Latina. Il brano sta raccogliendo recensioni e passaggi radio in diversi territori, tra cui la Spagna (Oleada Indie, RockOla Indie, La Vibrante, Festivalea), il Messico (RMAS, IndieDream, Cosmonauta Radio, Expansion Radial), il Brasile (Music For All, Roadie Music) e vari Paesi dell’area latino-americana come Cile, Venezuela e Colombia. Una release che sta consolidando ulteriormente la presenza internazionale di Giuseppe Cucè.

     

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  • Il prezzo della reperibilità continua: “Dimmelo” di Raffaele Poggio nasce dal momento in cui il corpo si è fermato

    Un uomo, il suo telefono fuso al volto, come se l’interfaccia fosse diventata pelle, anagrafe. Lo sguardo smarrito in un’arena digitale dove nessuno ascolta nessuno. Si apre così “Dimmelo”, il nuovo singolo di Raffaele Poggio per Orangle Records/Mendaki Publishing. Una diagnosi istantanea del tempo in cui la conversazione pubblica è ridotta allo scontro, l’empatia scade a seccatura, intralcio, e la presenza altrui viene percepita come collisione e possibile intrusione.

    Un brano nato dall’osservazione del dissesto della parola, dove le frasi vengono scagliate come detriti, la compassione ha ceduto il posto a una finta interazione, senza un effettivo interesse nei confronti dell’interlocutore, e la presenza non coincide mai con il punto in cui accade la vita. Siamo ovunque, simultanei, raggiungibili, notificabili, visibili. Eppure raramente intenti a noi stessi nel tempo presente. In una frase, parliamo moltissimo, ci ascoltiamo pochissimo.

    Poggio, anziché descrivere il fenomeno da una posizione esterna, con tono giudicante, ci entra dentro perché l’ha attraversato, perché quel meccanismo gli si è rotto tra le mani. La scorsa primavera ha subito una battuta d’arresto, una malattia improvvisa lo ha costretto a frenare, interrompere: un corpo che dichiara sciopero e dice basta, mentre tutto intorno tutto chiede accelerazione e disponibilità costante. Nessuna lezione edificante, nessun risarcimento consolatorio: un arresto. Netto.

    Anni trascorsi a controllare lo sguardo altrui, a misurare il proprio peso con un indice esterno, a presenziare ovunque — tranne nella stanza meno affollata di tutte, quella senza spettatori, senza notifiche, senza giudici. La stanza dove la domanda non è come sembro, ma come sto. La malattia ha fatto precipitare i decibel, abbassando drasticamente il volume. Ha tolto intermediari, aspettative, maschere sociali e qualsiasi tipo di sovrastruttura, riportando il discorso al suo punto di origine: il corpo, il respiro, la verità più scomoda da eludere.

    A fare da contesto al brano non c’è un sentimento generico di saturazione digitale, ma un fatto osservabile: negli ultimi anni la conversazione in rete si è contratta, polarizzata, irrigidita in schemi rapidi — reazione, schieramento, sentenza. I commenti superano sistematicamente la lettura dei contenuti, i thread accorciano il pensiero a etichetta, la risposta arriva prima della comprensione. L’infrastruttura del confronto si misura in velocità, non in scambio costruttivo. In questo frangente, “Dimmelo” offre una cartografia dell’impatto, a partire da un singolo individuo, un singolo corpo, un singolo cedimento.

    Colpisce che il brano esca proprio mentre il consumo di contenuti supera la soglia dell’interazione reale: le persone scorrono, scrollano e archiviano più di quanto si fermino ad approfondire, reagiscono più di quanto rispondano, rispondono più di quanto leggano. Un ecosistema che produce soggetti visibili, ma raramente presenti. Poggio prende questa immaterialità e la riporta a un metro non discutibile: un fisico che a un certo punto si arresta. Niente allegorie. Un limite. Tangibile.

    Il valore del progetto sta proprio nella scelta dell’unità di misura. Mentre ogni cosa viene tradotta in impression, visualizzazioni, reach, reazioni, “Dimmelo” sposta il contatore sull’unica variabile che l’algoritmo non può quantificare: il corpo, quando chiede tregua. La narrazione smette di essere un’osservazione sociologica svolta da lontano perché non parla della rete, ma di ciò che la rete non registra: ciò che accade quando il pubblico si spegne e resta solo una persona, seduta con il proprio silenzio.

    Non è un caso che la traccia non sia un atto di accusa, né un rifiuto del digitale. Poggio non smonta il sistema, non finge di starne fuori. Ne mostra la soglia di tenuta, il suo punto di interruzione. Quello in cui il pubblico e il privato collidono senza camuffamenti, la performance non ha più terreno dove appoggiarsi, l’immagine finisce e resta soltanto il peso reale delle cose.

    “Dimmelo” svela una microstoria del nostro tempo, perché anziché rappresentare la piccola bandiera di un singolo, funge da termometro di un clima, quello in cui l’intensità dell’esposizione supera la capacità di assorbimento. Un clima che non esplode mai del tutto, ma si manifesta in segnali minimi: un’interruzione, una pausa forzata, un ritmo cardiaco che modifica la scaletta.

    Il brano condensa tutto in una frase, la frase:

    «Non importa se cadi, basta che non mi sfiori»

    Sette parole che descrivono la grammatica relazionale di questi anni: il dolore tollerato a distanza, la fragilità altrui accettata come notifica, mai come contatto. Poggio non accusa e non si assolve: si include nel quadro e lo espone. Prende atto del nuovo contratto sociale non scritto: cadi pure, ma fora dall’inquadratura. Meglio il rumore bianco della connessione permanente che la scossa viva di una presenza non filtrata. Meglio aggiornarsi che attraversarsi.

    È qui che l’artista toglie ogni residuo teorico alla questione, perché invece di parlare del collasso digitale, parla del suo effetto più sottile: la progressiva abilità a non farsi toccare. A non farsi coinvolgere. A non farsi davvero trovare da nessuno, pur restando disponibili a tutti.

    «Il corpo, quando cede, è l’ultimo cancello – afferma -. È il punto in cui la discussione finisce. Stavo vivendo dentro un rumore che chiamavo continuità. Si era trasformato in una gogna di rendimento. La malattia ha avuto la brutalità del reset forzato.»

    “Dimmelo” diventa così la cronaca di un doppio cortocircuito, sociale e individuale: la tirannia dei numeri, l’autovalore misurato in algide percentuali, i silenzi interpretati come verdetti, le porte che non sbattono ma restano socchiuse — e proprio per questo feriscono di più. Una rincorsa ininterrotta al “meritare”, al non sembrare mai insufficienti, al non sbagliare mai il passo. Una rincorsa che porta a crolli psicologici e fisici, che erode anche l’area più sensibile, quella affettiva, a cui crollano le impalcature reggenti e circostanti.

    Ad amplificare il discorso è il social video ufficiale, firmato Knowhere Studios, in cui l’iconografia religiosa diventa la lente per raccontare il nuovo culto del giudizio perenne, un tribunale che non prevede assoluzioni. Nel video, lo smartphone non è accessorio, ma prolungamento biologico, epidermide innestata, secondo volto: uno strumento di connessione più potente della connessione stessa, simbolo di un potere che avvicina e al tempo stesso schiaccia.

    A livello sonoro, il brano — prodotto agli Head Studios di Torino da Luca Testa, composto con Riccardo Novarese e scritto dallo stesso Poggio a quattro mani con Matteo Ferrari — sceglie un pop elettronico pulsante, dove la partitura ritmica spinge in avanti anche quando il testo frena e ammette il cedimento. È un pezzo che invita al movimento ma non concede l’evasione: si balla, sì, ma con una lama di disincanto nel ritorno di cassa.

    Il brano entra nel percorso live THE ENERGY PARTY, dove l’artista mette in sequenza repertorio proprio e canzoni dagli anni ’70 ai 2000. Un metro comparativo tra l’immaginario di epoche che prevedevano inciampi, pause, sparizioni momentanee e un presente che ammette solo presenza continua, piena all’apparenza ma completamente svuotata nella sua essenza.

    “Dimmelo” si ferma esattamente nel punto in cui il corpo ha fermato tutto il resto. Per questo, non arriva come risposta, ma come inversione di domanda: anziché chiedere cosa stiamo guardando, chiede cosa stiamo disimparando a sentire. E lascia tutto sospeso, perché è lì che viviamo: in sospeso. Connessi ma distanti, visibili ma assenti, parlanti ma mai ascoltati e in ascolto. È un pezzo che non parla dal centro del palco, ma dal punto in cui le luci virano, si abbassano e mostrano il bordo delle cose. Quello dove il pubblico smette di essere folla e torna persona, una per una, senza schermo in mezzo.

    E in quel cambio di temperatura dell’aria, Poggio si allontana da prediche futili sulle disconnessioni salutari per portare una constatazione nuda, raccontando il momento in cui il sistema si inceppa – non quello digitale, quello corporeo. Perché il futuro della connessione non si decide nell’ennesimo aggiornamento di un’app, ma nel microsecondo in cui qualcuno, finalmente, alza lo sguardo e incontra, anziché identificare.