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  • Frenci, il musicista tetraplegico che non cerca compassione ma ascolto

    

    Aveva tre anni quando suo padre gli mise una tastiera sulle gambe. Oggi, Francesco Sicilia Gelsomino, in arte Frenci, ha 25 anni, scrive poesie, compone brani originali, suona per strada e ha emozionato l’Italia intera esibendosi su Rai 1 nel programma “Dalla strada al palco” con Nek e Bianca Guaccero, grazie al suo talento e al suo motto virale:

    «Credete nei vostri sogni, non negli incubi degli altri.»

    Nato con una forma di tetraplegia che lo costringe su una sedia a rotelle, Frenci non ha mai voluto compassione, privilegi né pietà. Ha cercato invece un modo per comunicare con il mondo. L’ha trovato nel pianoforte, che ha fatto suo reinventandone la tecnica, trasformando il limite fisico in una firma stilistica.

    «Mi muovo come un robot, ma ho inventato il mio modo di suonare. Lavoro con l’energia, i bassi, poche dita alla volta, ma con tutta l’anima» – racconta.

    Un’anima che non ha mai smesso di vibrare e di irradiare luce, e che lo ha condotto dalla strada al palco, letteralmente.

    Ma prima di arrivarci, c’è stato un momento che avrebbe potuto spegnere tutto: la perdita improvvisa del padre, il primo a credere nella sua musica.

    «Ho pensato di mollare tutto. Ma poi mi sono detto: lui non avrebbe voluto così. Ho deciso di reagire: ho preso il mio pianoforte e sono andato a suonare per strada, a Bologna, come volevamo fare insieme.»

    Dopo quell’estate passata a suonare da busker, inaspettatamente, arriva la chiamata da Rai 1: una redattrice del programma lo invita ai provini. La sua storia viene scelta, i suoi brani vengono arrangiati dal maestro Luca Chiaravalli. Le sue poesie vengono lette da Beppe Fiorello e Luca Argentero, e Frenci suona con Nek davanti a milioni di spettatori.

    «Il ragazzo che si vergognava delle sue mani era appena andato in onda su Rai 1 – prosegue -. Non ci potevo credere. Ma la cosa più incredibile è l’affetto delle persone. La gente mi ferma per strada, mi scrive, mi ascolta.»

    Da quel momento in poi, la vita artistica di Frenci ha preso slancio. Ma al centro di tutto è rimasto il suo credo più profondo:

    «Voglio essere trattato come tutti gli altri. Oppure avere in cambio la libertà di essere diverso.»

    Un principio che Frenci traduce in ogni cosa che fa. Scrive, suona, compone, riflette. Ma soprattutto vive. In ogni sua composizione musicale e poetica traspare una consapevolezza pena, mai rabbiosa o vittimistica, e un’energia rara.

    Il suo brano più rappresentativo si intitola “Voice in Space”, un’opera che lui stesso descrive così: «Parla di quando ti manca il fiato. Nello spazio non c’è suono, ma la musica riesce a farci sentire meno soli.»

    Tra le sue poesie più note, c’è invece “Fiorire”, che Frenci definisce «motivazionale e autoironica», una riflessione sulla diversità affrontata con una maturità disarmante: Tutti i fiori vogliono fiorire. Una frase semplice, eppure potentissima.

    Frenci ha imparato a suonare con ciò che aveva: le dita che riesce a controllare, un corpo contratto dalla tensione muscolare. Ma anche una mente che non accetta di arrendersi. Si è ispirato ai monaci del Settecento che suonavano il fortepiano con tre dita. Ha creato un linguaggio musicale personale, ibrido, istintivo, pop, dove ogni nota è anche, e prima di ogni altra cosa, presenza, messaggio, testimonianza e libertà.

    Oggi Frenci continua a suonare per strada e sta lavorando a un progetto musicale e lirico che mette insieme le sue due anime, quella del pianista e quella del poeta. Le sue parole, che sembrano tratte da un romanzo di formazione, sono già diventate citazioni virali:

    «La Z è l’ultima lettera dell’alfabeto, ma senza di lei l’alfabeto non avrebbe senso»

    «L’arte è della passione che non sa aspettare, di chi la vuole nella propria vita perché senza non vede domani»

    «La mia fobia di cadere all’indietro non è un problema: devo solo guardare avanti»

    Frenci non si definisce un esempio, e nemmeno un simbolo. Ma ogni volta che suona, scrive o semplicemente si racconta, ricorda a chi ascolta che la fragilità non è un difetto, ma un’altra forma di forza.
    E che la diversità, quando è accolta e vissuta con libertà, può diventare una delle spinte creative e sociali più significative del nostro tempo.